Il Borgo del Fumo

by E. con PORTAPERTA e ARTCADD – 2014 – Terre policrome, compensato, colori acrilici

DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA
DIGITAL CAMERA

Una volta al posto del quartiere Vanchiglietta c’erano i “più bei prati di
Torino”. Con lo spostamento della cinta daziaria che passava in corso Tortona,
nacque un operoso quartiere con case, negozi, officine e fabbriche sormontate
da tante ciminiere. E’ a causa del fumo mescolato alla nebbia provocata dall’umidità del Po
e della Dora che questo quartiere è noto ai Torinesi con il soprannome di ” Borgh del fum”.
Attualmente, troviamo ancora le case dei primi decenni del ‘900 con i cortili
di ringhiera ed i bassi fabbricati per le officine ed i laboratori, ma non più
le ciminiere.
Il punto più affascinante e magico del borgo è ” l’Ambocadura”, cioè il punto
nel quale la Dora si getta in bocca al Po. E’ circondato dal grande parco della
Colletta dove resistono ancora grandi prati che ospitano talvolta centinaia di
pecore e tutto un piccolo mondo di animali, insetti ed uccelli. Qui tutti
possono illudersi di essere ancora immersi nella campagna, anche se la città con i
nuovi condomini ed i suoi ritmi frenetici, è a pochi passi.

Porta Palatina

O Porta Palatina ingombra di ponteggi!
Altre volte le membra adipose
All’ombra di poveri resti, allor sgombra, diposi.
Oggi più non sembra di portarti omaggio
O memoria ebbra di popoli gloriosi!
Tenebra di poeti tu infondesti
A chi non bradi ippogrifi cantò
ma nobil gesta.
“Disicit tempus saxa rubra”: di polvere l’antico ti parlò.
Le tue membra di porfido già il mare aspetta erose
Ambra di pochi ciottoli,
nella sabbia scabra di Po.

by Biba & Ippo – 1993

Questa poesia è anche un formidabile gioco linguistico: è ripetuta numerose volte una certa parola nascosta………

DSCN3467_
DSCN3468_
DSCN3469_
DSCN3470_
DSCN3471_

Immagini tratte da L’area delle Porte Palatine, ricostruzione di una trama urbana by Mt – 1993

La Befana

[slideshow id=27]

Filo per Befana – 2011
Befana by Anna – 2012 – matite e pennarelli
Befana by Irene – 2012 – matite e pennarelli
Befane by J. + D. e nonna E. – 2012 – pennarelli, tempere, stoffa, paglia
Omettini e Befana by Mt + J.+D. – 2012 – panpepato
I regali della Befana by J. – 2010 – pennarelli
Befana by Mt + J.+D. – 2013 – panpepato

La Befana vien di notte
con la scarpe tutte rotte,
col vestito alla romana,
viva viva la Befana!

 

Folletto Ciccio Pasticcio e Fatina Ordinatina by Valeria

Favola , sogno o fantasia di bimbo? Lascio a voi giudicare…

In un alto palazzo nel cuore della  città, viveva un simpatico bambino di nome Biagio con la sua famiglia ed essendo vicini di casa, lo incontravo spesso in cortile e qualche volta, salendo le scale insieme, mi raccontava le sue avventure.

Un giorno:
Non mi va di mettere a posto… è una perdita di tempo… devo giocare!” sbuffò Biagio seduto sul pavimento del salotto facendo correre il suo trenino.
Biagio non puoi lasciare in giro per la casa tutti i tuoi giochi e questi rifiuti…in cucina c’è il secchio dell’immondizia fatto apposta per le cose da buttare via… E’ sempre così: dove passi tu lasci una scia di cartacce e cose sparse per casa!” replicò la mamma arrabbiata in tono severo.
Biagio non era un cattivo bambino, ma era così disordinato e pasticcione che riusciva a far perdere la pazienza a chiunque!
Non voleva mai buttare via nulla e quando usava qualcosa la lasciava nei posti più impensati.


La sua cameretta era il regno del disordine: palline di carta, scatole di biscotti, involucri di merendine, giocattoli sparsi sotto il letto, sulla scrivania, sul tappeto, ovunque.
Gomme da masticare, carte di caramelle e cioccolatini ammucchiati sul televisore, sulla libreria nell’ingresso, fazzolettini di carta abbandonati sul divano in salotto, lattine delle bibite infilate nei vasi di fiori sul balcone, barattoli di marmellata lasciati sul comò della nonna…
“Quando è troppo è troppo…Oggi hai proprio esagerato!” continuò la mamma che aveva deciso di dare una bella lezione a quel discolo di Biagio, così prese tutti i suoi giocattoli, li chiuse in un grosso baule e li portò in soffitta.
Caro il mio bambino disordinato e pasticcione, adesso io devo andare a fare la spesa al mercato,  e al mio ritorno voglio vedere un po’ più di  ordine in questa casa! Se ti metterai di buona lena e raccoglierai tutte le cose che hai seminato in giro,  buttando via l’immondizia, gli oggetti rotti e inutili che nascondi negli angoli, riavrai tutti i tuoi giochi, altrimenti … rimarranno in soffitta a fare compagnia ai ragni e ai topolini! Anzi faremo una cosa più giusta: li regaleremo a qualche altro bambino che ha più cura delle proprie cose!” concluse risoluta la mamma.
Biagio scoppiò a piangere, ma la mamma era proprio decisa: gli diede un bacio sulla fronte, prese la sporta ed uscì di casa.
Fuori pioveva: era una giornata grigia e fredda, le luci della strada proiettavano attraverso i vetri bagnati lunghe ombre sui muri.
“Non mi piace stare a casa da solo, come farò a sistemare tutto prima che la mamma rientri a casa?” mormorò  fra sé Biagio, attraversando il lungo corridoio male illuminato.
“Non ce la farò mai!” incominciò a mugugnare…
Quando, ad un certo punto, qualcosa si mosse dietro alle sue spalle: una specie di fruscio, un soffio d’aria ed un rumore di sbattere d’ali.
Biagio impaurito chiuse gli occhi, non aveva il coraggio di voltarsi, ma dopo un paio di secondi, si fece coraggio e la curiosità lo spinse a guardare indietro attraverso il grande  specchio dell’ingresso.


Oh! Meraviglia! Tra le ombre del tramonto, i giochi di luce dei vetri delle finestre e i riflessi dello specchio, comparve un buffo esserino  azzurro con un cappello a punta, alto poco più di una spanna, vestito con uno stravagante camicione verde. Impossibile avere paura di quegli occhietti gentili e intelligenti, di quel sorriso amichevole e di quelle guanciotte paffute!
Lentamente Biagio si voltò e si avvicinò con cautela alla strana creatura:
“E tu chi sei?” esordì il bambino incuriosito.
“Ehi, che modi! Prima si saluta e ci si presenta e poi si pongono le domande!” rispose l’esserino azzurro, aggiustandosi il berretto e la sciarpa intorno al collo.
“Ehm, scusa… anche la mamma mi dice sempre di essere gentile con i più piccoli. Ricominciamo: Ciao, io mi chiamo Biagio e vivo in questa casa. E ora, se non ti dispiace, mi diresti chi sei e cosa ci fai qui?”
“Io mi chiamo Ciccio Pasticcio e sono un folletto, vivo ovunque ci sia disordine: nei cassetti fra i calzini arrotolati e le camicie stropicciate, nelle cantine e nei solai abbandonati, pieni di cose dimenticate e inutilizzate, nei ripostigli tra le scope e le scatole dei bottoni, ovunque possa nascondermi e fuggire a Ordinatina, una insopportabile fatina che passa la vita a mettere in ordine ciò che io sposto o nascondo. E da un po’ di tempo  abito nella scarpiera in fondo al tuo armadio. Mi ci trovo bene, è un posto abbastanza comodo e sicuro, ma soprattutto… non c’è traccia di Ordinatina! Ora che ci siamo presentati, bambino,  vuoi essere mio amico?” concluse il folletto.
“Certamente!” rispose Biagio con  voce sicura“ Ma… Purtroppo non posso giocare con te adesso, non ho tempo, devo sistemare la casa prima che arrivi la mamma, anche se credo che non ce la farò mai da solo…”
Ma non sei solo …ci sono io  ad aiutarti!” rispose una vocina cristallina.
“Ehi? Chi ha parlato?” chiesero in coro Biagio e Ciccio Pasticcio, voltandosi di scatto verso la voce misteriosa.
Sono Ordinatina e dimostrerò, a tutte e due, che non sono così antipatica  come pensate e che insieme ci si può anche divertire!”
Di fronte a loro, sopra la poltrona preferita da papà, era comparsa un’altra creatura fantastica, a cavalcioni di un passerotto, con i capelli raccolti in una lunga treccia, un vestitino dai mille colori sgargianti, delle buffe scarpette a punta e, come tutte le fate che si rispettino, portava con se una bacchetta magica da cui uscivano in continuazione  piccole stelline argentate.
Non si erano mai verificate così tante stranezze nella giornata di Biagio!
Da quel momento la casa si pervase di un’atmosfera magica e allegra.
Ciccio Pasticcio e Ordinatina  promisero di fare una tregua tra i loro dispetti e i loro litigi continui, al fine di aiutare Biagio nel suo compito.
“Forza ragazzi, abbiamo una missione da compiere e una sfida contro il tempo!”
La fatina suggerì di raccogliere tutti gli oggetti interessanti e le cose sparse per casa e di ammucchiarle al centro dell’ingresso, in un grosso scatolone che Ciccio Pasticcio aveva tirato fuori dal suo nascondiglio, e promise solennemente di compiere un’incantesimo spettacolare al termine della raccolta.
Tutti e tre canticchiando si diedero un gran d’affare e ben presto lo scatolone si riempì.
“Ben fatto ragazzi! E ora vedrete cosa si può fare con un po’ di fantasia, di  magia e di volontà!” Ordinatina estrasse la bacchetta magica, la roteò decisa per un paio di volte sullo scatolone, pronunciò un’incomprensibile formula magica, volò su e giù per la stanza, facendo un paio di capriole e…. SORTILEGIO!


Si sentì un gran trambusto sul fondo dello scatolone  e per magia le cose raccolte si animarono, incominciarono a muoversi e a spostarsi.
I fazzolettini usati e le cartacce appallottolate entrarono in un sacchetto, che una volta chiuso formò una palla imbottita, su cui Ordinatina disegnò, con un pennarello,  occhi, naso e bocca; su questa specie di testa, si fissarono come fossero dei capelli, gli elastici , i cordini e i fili di lana che Biagio aveva scovato in fondo alla sua cartella di scuola e per incanto, i rotoli di cartone su cui, normalmente si avvolge la carta igienica e la carta da cucina, si incollarono fra loro,  formando braccia e gambe.
Le carte delle caramelle e dei cioccolatini si combinarono fra loro fino a formare un colorato vestitino.
Le puntine da disegno  che Biagio lasciava sempre in giro per i cassetti si appuntarono sul pupazzo  come bottoni. Sassolini, biglie e tutti quegli oggetti che non avevano trovato posto nella creazione del pupazzo, finirono dentro ai  barattoli e alle lattine vuote, che una volta chiusi e fissati su dei bastoncini diventarono degli strumenti musicali che producevano diversi suoni, a secondo di come venivano scossi…
“Ecco qua il risultato del nostro lavoro: un pupazzo magico suonatore!” urlò felice Ordinatina abbracciando Ciccio Pasticcio.
Biagio era senza parole, meravigliato e stordito da tutto quel trambusto quando …
Tric, trac… scattò la serratura della porta di ingresso ed entrò la mamma con le borse della spesa.
“Ciao , Biagio stavi giocando? Sentivo delle voci… Oh, che bel lavoro che hai fatto: hai sistemato proprio tutto! “ disse la mamma guardandosi attorno soddisfatta.
Biagio si accorse che i suoi amici Ordinatina e Ciccio Pasticcio erano spariti come d’incanto proprio come erano apparsi.“Forse non possono essere visti dagli adulti!” pensò.
Prese il pupazzo suonatore dallo scatolone e lo mostrò alla mamma.
“Ti piace?” Le chiese.
Si, è veramente grazioso e originale, hai proprio una gran bella fantasia. Ora come ti avevo promesso, andrò in solaio e ti riporterò i tuoi giochi.” Rispose la mamma sorridendo.
“Oh grazie mamma!” Disse Biagio abbracciandola “Però visto che ho un pupazzo in più e che ho imparato a costruire dei giocattoli fantastici con le cose di casa, perché non ne regaliamo qualcuno a qualche bambino con meno fantasia?”
La mamma lo guardò esterrefatta : “Mi sembra proprio una buona idea. Bravo Biagio, sono orgogliosa di te! Meriti un premio,  andiamo in cucina e prepariamo la tua torta preferita…”
“Hurrà! Con tanto, tanto cioccolato!”  Suggerirono, facendo l’occhiolino a Biagio dallo specchio dell’ingresso, Ordinatina e Ciccio Pasticcio tenendosi per mano.

Non so se il folletto Ciccio Pasticcio e la fatina Ordinatina fecero ancora visita a Biagio, ma sta di fatto, che da allora ogni anno al mio compleanno ricevo un bellissimo pupazzo di cartone dal mio vicino di casa!

Paperi e orsi

 

Con quell'ansia nel piumaggio...

Perche’ gli orsi danno morsi?
E’ un problema arduo da porsi.

Mentre i paperi felici
se ne vanno in giro in bici
(e si guardano le stelle)
un rumore di mascelle
tutt’a un tratto li insospetta.

E pedalano piu’ in fretta
con quell’ansia nel piumaggio
che gli toglie quel coraggio
che ogni papero ha abbondante
se il pericolo e’ distante.